Come la storia dell’essere al proprio posto, dello scegliere il proprio posto. Mi ha sempre rassicurato credere che ognuno di noi abbia un posto che è suo e di nessun altro, un posto stabilito da chissà chi e chissà quando, ma che ti appartiene come ti appartengono i lacci delle tue scarpe, che non ci puoi camminare senza. Dove trovi le coperte quando hai freddo, dove puoi cantare anche se non hai voce, dove non importa chi altro c’è, importa solo che ci sia tu. E allora ho capito che il mio posto è quì, è questo quì. E c’è una cosa che dovremmo fare: ringraziare chi ce lo tiene al caldo, chi ci lascia andare a scoprire il mondo e ci sorride vedendoci tornare, a chi continua ad aprirci la porta. Perché amare è davvero lasciar liberi di fare. Perché quel posto, il nostro posto, è l’unica casa che abbiamo mai voluto abitare.
Perché a tornare, si torna solo da quello che si vuole davvero.
E allora vi ringrazio.
Per le canzoni in macchina di notte. Per i nomi, che sono molto più che nomi.
Per i pomeriggi, tutti uguali ma mai gli stessi.
Perché posso usare il tempo futuro, con voi.
Alice Innocenti
Alice Innocenti, ventun anni, amante delle parole. Di ogni tipo di parola. "Nella vita vera non posso cancellare, tornare indietro, ripensare a quello che ho detto, correggerlo. Allora scrivo. Per prendermi la rivincita sulle parole. Per raccontare come sarebbe andata se avessi scelto quelle giuste".