Dopo l’ intervista tanto densa di settimana scorsa, ho pensato fosse il momento di passare a qualcosa di più leggero. Così ho puntato su Alberto, che seguo con piacere da un paio di mesi e che ero convinta di avere inquadrato. In realtà ho sbagliato tutto. Nel formulare le mie domande ho dato per scontato alcuni aspetti del suo carattere, deducendoli dal suo portfolio, che poi lui mi ha detto essere tutto l’ opposto. “Ne approfitterò per darti delle risposte affilate” ha detto lui; e così ha fatto.
Ciao Alberto. Scusa la domanda. Moreu è il tuo vero cognome? Non sembra italiano.
No infatti, non lo è. In Italia non ce ne sono. È ovviamente uno pseudonimo, ispirato a Gustave Moreau.
Quello che prima di tutto mi piace tanto delle tue foto è la semplicità. È come se tu cercassi l’equilibrio formale senza la pretesa di voler raccontare per forza qualcosa di importante, mi sbaglio? Parlaci dei tuoi soggetti.
La semplicità è l’effetto dell’equilibrio formale, come per i poeti greci. Però, è una questione che si pongono gli altri, che io non mi pongo più. Semplicemente, non mi interessa distinguere forma e significato, perché io fotografo come terapia, della fotografia non me ne importa in termini “artistici”. Anche se la apprezzo, non la faccio per quello.
Riguardo ai soggetti, ti potrei dire che il fatto che ci siano delle persone nelle mie foto è una novità. A me interessano le nature morte, il messaggio simbolico. E odio i cliché fotografici, l’importanza dell’attimo, del luogo.
In questo momento, non voglio che le mie foto rispecchino questo.
Voglio solo che sembri che quella foto andava fatta così, punto.
La seconda cosa che noto è una grande valorizzazione di linee e colori. Hai mai avuto il periodo del b/n?
In realtà, io sono un appassionato di fotografia di moda degli anni ’60 e ’70. Ti stupiresti nel sapere quali sono i miei fotografi preferiti. All’inizio, non consideravo nemmeno il colore.
Per qualche motivo, ora è diverso, ed è una fortuna, perché lo sentivo come un limite. Ora ad esempio non sopporto la grana, lo vedo come un filtro in più, una retorica inopportuna.
La valorizzazione di colori e linee a cui accennavo nella domanda precedente è di sicuro aiutata dal mezzo con cui scatti e dal modo in cui usi la luce (flash).
La valorizzazione di colori e linee a cui accennavo nella domanda precedente è di sicuro aiutata dal mezzo con cui scatti e dal modo in cui usi la luce (flash).
Ti va di svelarci qualche “trucco” a proposito?
Brighter is better.
Il flash ha anche la caratteristica di bloccare l’attimo e rendere le foto spesso crude. Non ti danno fastidio le imperfezioni (nell’ambiente e nei soggetti)?
Direi di no, io mi innamoro delle imperfezioni. Ed è ovvio, visto che invece cerco la perfezione in ciò che faccio. Il risultato è crudo perché è come vedere le cose per la prima volta, non come un “ricordo”, come spesso si intendono le foto.
È tutto iper reale. E le persone in quegli attimi congelati sono bellissime.
Il fatto che le tue foto siano così “leggere” può essere legato al fatto che nella vita non pensi molto e non ti poni problemi e dubbi esistenziali o non centra nulla?
Dopo la prima risposta avresti già dovuto cambiare idea. No, davvero, tu parli del flash, ma tieni conto che sarà appena un anno che lo uso. Facevo altro, e ad un certo punto ho provato questa Yashica T4 del mio amico Federico, e grazie a lui non c’era più esposimetro e un quarto d’ora a studiare il taglio, ed è stata una boccata di ossigeno, e in quel momento ne avevo bisogno. Di essere leggero. Di smettere di pensare, uscire dal labirinto. Flash, endorfine, stop. Ci siamo divertiti, eravamo contro.
Ma non era estetica e basta, era una via di fuga.
Il fatto che le tue foto siano così “leggere” implica il fatto che ci metti poco ad organizzarle e scattarle o non centra nulla?Come nascono le tue foto?
Ci metto poco a scattare, e ne faccio solo quante mi servono, non una di più. Quindi spesso, una è sufficiente. Ma non sempre la preparazione è altrettanto rapida. A volte è un set, a volte sembra, e invece è per strada e non conosco quasi la persona ritratta. Mi capitava di fotografare molto, ora lo faccio se mi creo l’occasione per farlo.
Ora basta parlare di fotografia. Descriviti un po’! Quanti anni hai? Come sei fatto fisicamente? Hai la erre moscia o altri difetti di pronuncia?
Ho trent’anni, anche se faccio fatica a crederci. Ho il fisico di uno di venti.
Sono magro. In compenso, ho più capelli bianchi che neri.
Quattro tatuaggi. Anche a questo, non credo molto. Pieno di difetti di pronuncia, facevo dizione alle elementari, non è servito.
Ringrazio Alberto per aver accettato la sfida di questa intervista “sbagliata”, ed invito tutti a soffermarsi sul suo portfolio: http://h-p-i-i.tumblr.com/