Nel 1913 William Moulton Marston, allora studente di psicologia dell’Università di Harvard, utilizzò un test sulla pressione sanguigna come metodo di ricerca della menzogna.Fu, in pratica il primo a realizzare un poligrafo, una ‘macchina della verità’, e a proporne l’utilizzo nei tribunali, anche se una macchina più complessa, basata su altri fattori, fu costruita in seguito in California, e quindi adottata dalle forze di polizia.
Nel 1928, lo psicologo pubblicò ‘Emotions of Normal People’, lavoro riconosciuto come fondamentale per l’elaborazione, in psicologia, della teoria DISC, modello comportamentale in quattro quadranti che serve a esaminare il comportamento degli individui nel loro ambiente o in una particolare situazione. Un tipo ingegnoso, Marston, e poliedrico.
Nel 1940 rilasciò un’intervista, pubblicata su ‘The Family Circus’ con il titolo ‘Don’t laugh at the comic books’, ‘Non deridete i fumetti’, in cui descrisse il grande potenziale educativo dei fumetti stessi. Il pezzo attirò l’attenzione di Max Gaines, un editore, che assunse Marston come consulente. In un fumetto nuovo come quello super eroistico, dominato da uomini, come Superman e Batman, e figlio dell’era dei pulp magazine in cui i duri e puri erano i protagonisti dell’avventura e le donne relegate al ruolo di vittime imponenti, William Moulton Marston pensò che sarebbe stato interessante creare un nuovo super eroe che non si servisse solo dei pugni per affrontare il male, ma che trionfasse anche grazie all’amore.
Va bene – gli rispose la moglie Elizabeth – ma fanne una donna”.
E nacque Wonder Woman.
Nel 1943, in un numero di “The American Scholar”, Marston ha scritto: “Nemmeno le ragazze vorranno essere ragazze fino a quando al nostro archetipo femminile mancherà la forza e il potere […] Le qualità forti delle donne sono disprezzate a causa della loro ‘debolezza’. il rimedio ovvio è quello di creare un personaggio femminile con tutta la forza di Superman, più tutto il fascino di una donna bella e buona”.
Wonder Woman è, in assoluto, il primo super eroe completamente al femminile. E’ innovativa, dunque, ma anche fortemente archetipica. In precedenza abbiamo già parlato dello stretto legame che esiste tra mitologia e super eroi. Bene, il concetto alla base di Wonder Woman salta qualsiasi tipo di convenevole e va direttamente al sodo.
Wonder Woman è il nome con cui Steve Trevor, soldato americano ferito, ha ribattezzato la sua misteriosa salvatrice, una donna bellissima dalle straordinarie capacità sovrumane, ma costei è in realtà Diana, principessa amazzone figlia di Ippolita, la regina delle Amazzoni. Si, esatto, quella della nona fatica di Eracle.
Wonder Woman, dunque, è strettamente legata alla mitologia greca, alle radici culturali più profonde della cultura occidentale. Diana nasce e cresce in un’isola popolata da donne che non hanno bisogno degli uomini e, anzi, in guerra sanno essere terribili quanto loro, se non di più. Tra tutte le amazzoni, lei si distingue perché possiede la bellezza di Afrodite, la saggezza di Atena, la velocità di Ermes e la forza di Eracle. E in più possiede un lazo dorato che, se interrogato, ti costringe a dire la verità, quando ti avvolge nella sua stretta.
E ho detto tutto.
Oh, io me la sposerei pure, ma è troppo alta. Non è una questione di volpe e uva, eh. E comunque probabilmente è acerba.
Il mondo civile esterno, quello per il quale lei abbandona il suo paradisiaco mondo natale, è afflitto dalla guerra, dall’odio, dalla barbarie, dalla violenza. Diana, ora Wonder Woman, rinuncia al paradiso per portare l’amore nel mondo. Se necessario, con le maniere forti. Compito ingrato, che non è poi molto diverso dall’accingersi a mettere in ordine casa dopo che il vostro uomo ha invitato gli amici per la partita: non è obbligatorio, non siete tenute a farlo ma, se lo fate, è di sicuro un atto di amore. Le maniere forti, ovviamente, servono a evitare che la circostanza si ripeta.
In più, a causa del suo giovanile spirito di intraprendenza, Diana deve superare le opposizioni della madre per diventare la rappresentante delle Amazzoni nel mondo dell’uomo, diventando protagonista di un primo significativo rapporto di conflitto tra madre e figlia in un fumetto, in cui si scontrano conservazione delle origini (la casa, il focolare, quanto già costruito dall’affermazione femminile in precedenza) e bisogno di estendere le proprie aspettative di giovane donna al mondo.
Le implicazioni sessuali della storia, che ha come protagonista una donna seminuda che lega i suoi nemici al lazo come una regina del bondage ed è in grado di sopraffare un uomo, faranno ridere molti e scateneranno battute, ammiccamenti e doppi sensi che, come sempre, sono utili solo a confortare uno spirito maschile insicuro. Wonder Woman, infatti, rappresenta una donna perfettamente a suo agio con la propria sessualità, e libera. E’ l’unica donna che non possiamo avere, perché non ha bisogno di noi, e perché sa essere più forte di noi, e il solo modo che abbiamo di dominarla è alludere al fatto che possa essere trattata come un oggetto sessuale. E’ un peccato che chiunque la pensi così non possa accomodarsi e fare due chiacchiere direttamente con lei, al riguardo.
Come la maggior parte dei super eroi, le origini e le caratteristiche del personaggio sono cambiate nel corso degli anni ma, a differenza della maggior parte dei super eroi, Wonder Woman non ha un’identità segreta fissa, e spesso neanche una vita privata da difendere. L’identità di Diana Prince, versione femminile di Clark Kent con tanto di occhiali e camicia abbottonata fino all’ultima asola, non sopravvive infatti a tutte le incarnazioni del personaggio. Piuttosto il nome si riadatta a varie figure professionali ( da infermiera a ufficiale militare) che, nel corso degli ultimi 70 anni, ha dovuto ricoprire nei brevi corsi che le sono stati concessi per meglio stabilire il concetto che di base rappresenta: ogni donna può essere Wonder Woman, quando prende coscienza della propria forza e si oppone alla barbarie del mondo esterno.
Wonder Woman, infatti, non ha davvero bisogno di un’identità segreta perché non ha molto senso nascondere ciò che è: l’incarnazione dell’indomito spirito femminile, le capacità ordinarie – rese straordinarie perché inaspettate, perché soffocate da secoli di vessazioni, umiliazioni e abusi – di una donna che, con la sua forza, si ribella alla mancanza di amore del mondo ed è pronta a compiere grandi imprese per affermare non tanto se stessa, quanto la rivoluzione che rappresenta.
In ‘Wonder Woman’ n.28 del 1948, infatti, viene espresso il concetto secondo cui qualsiasi donna con addestramento da amazzone potrebbe avere i poteri di Diana. E Diana è bella, si, ma principalmente è forte, passionale, coraggiosa, feroce, impetuosa e saggia al tempo stesso. Una forza della natura. Una donna.
E allora io mi butto: ti amo, Diana.Perché non potresti appartenere mai a me, ma solo a te stessa e, in quanto tale, al mondo.
Simone Vacatello
Simone Vacatello, 28 anni, laurea magistrale in Lettere moderne. Umanista e randagio della comunicazione, non è qui per farvi apprezzare l'invasione di fumetti e super eroi, ma per aiutarvi a farvene una ragione
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