Domenica in strada: Liqen


Diciamocelo chiaramente: l’Oktoberfest è una festa per sfigati. Lo so che ora attirerò l’ira di tanti di voi che ad ottobre trascorrono il fine settimana in quella splendida città di Krukland per bere litri di birra, sì quella genuina. Quella di Monaco perché tutti dicono che sia tra le migliori. La scusa. In realtà godete nel vedere quelle splendide signore-armadio che con il loro andirivieni elegante vi porgono il vostro calice di birra stracolmo che prima è stato sapientemente posato sul loro bel poderoso balconcino da quinta coppa c. Quel calice di birra, l’ennesimo di una lunga serie, che una volta attraversato le vostre fauci ed interiora va a concimare la terra feconda di luppolo per l’anno prossimo. Mentre intanto crucchi, che di giorno vi snobberebbero perché bamboccioni e mammoni ai loro occhi, intonano canzoni della loro terra natia in completo verde e bianco umido sotto le ascelle.
In altre parole: l’apoteosi del kitsch.
All’Oktoberfest preferisco el Botellón, meglio ancora l’Ottobrata monticiana. Il vino non ingrassa e tiene allegri. E poi io preferisco i cugini spagnoli. Che i crucchi non mi vogliano male ma li preferisco scrittori.
Restiamo in Spagna oggi perché voglio parlarvi di un artista locale, uno dei migliori: Liqen.
Artista molto apprezzato a livello internazionale, ho letto da qualche parte che i suoi lavori si trovano soprattutto tra Spagna e Messico, dal suo curriculum si leggono collaborazioni con altri nomi eccellenti come il suo connazionale Sam3 e ha all’attivo la partecipazione a festival come il Desordes Creativas ad Ordes a cui hanno partecipato quest’anno anche i nostri Blu e Ericailcane.
I lavori di Liquen sono dei capolavori, lasciatemelo dire: grandi, anzi giganti sulle pareti delle città in cui si esibisce, il mondo che rappresenta è ciò che il suo cervello elabora dalla rappresentazione della realtà. Cercate tra le immagini che ho selezionato un immenso prato di pannocchioni giganti in bianco e nero con volti umani dalle mille espressioni, sorridono o sonnecchiano o semplicemente assistono all’invasione di grilli e cavallette.
La minuziosità dei particolari e delle rifiniture dei suoi soggetti mi ricorda il mondo contorto di Escher, immagini che possono essere lette guardandole da qualsiasi punto come un palindromo figurativo che solletica il cervello. Anche il vostro.
Buona domenica!

 


Zelda

Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.

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