Apologia della Schiuma


Sarà capitato anche a voi di acquistare in un qualsiasi supermercato uno di quei magici fustini da cinque litri che facevano tanto Beer party di pronto e facile utilizzo. Ricordo nitidamente i preparativi per la festa di turno del sabato sera in età adolescenziale, a casa del solito amico figo, quello col terrazzo figo da feste perfette all’aperto. Le fasi di svolgimento erano più o meno sempre le stesse: appuntamento alla solita fermata del bus di quartiere, richiesta spasmodica di informazioni ai passanti più disponibili sul come raggiungere il Panorama/Auchan/Grande magazzino che ci eri stato una volta con il papi con la macchina – della serie più lontano e sperduto dal centro città è la location più i prezzi sono da capogiro – attesa infinita e durata a tempo indeterminato della tratta di percorrenza che i post–laureati della mia generazione un contratto dello stesso tipo se lo sognano insieme alla pensione (alla fine il bus era sempre uno di quegli scassoni arancioni di qualche anno fa rimasti a bazzicare le periferie romane meno degne dei mezzi di trasporto più all’avanguardia), arrivo, fulminazione improvvisa in contemplazione del barilotto verde e argentato con la stella rossa battente bandiera del paese dei balocchi – L’Olanda – con un incredibile rapporto qualità/prezzo, seguente acquisto e trafila di ritorno a casa per organizzare quel che restava dei festeggiamenti. Allora sembravano così tanti cinque litri, roba da mille e una notte. Pareva il paradiso averne a disposizione un paio per le occasioni migliori.

Finalmente arrivava la festa, lo smanettare a ritmi sostenuti con il tappo di gomma sul margine superiore e quell’incredibile rubinetto di plastica che faceva tanto vino Ronco, è giù di birra a fiumi fino allo sfinimento dei nostri giovani fegati da vitellini da latte…

Magari fosse andata cosi. Puntualmente ne risultavano bicchieri e bicchieri rigonfi di schiuma strabordante che manco il gran caffè a Sant’ Eustachio ed un misero mignolo di alcool per consolazione. E addio ubriachezza giovanile, che con la schiuma ti ci inizi a fare la barba, a quell’età.

E pensare che anche io l’odiavo la schiuma a quei tempi, proprio come voi. Ma le cose cambiano ed i figli crescono, prima o poi. Ed ho scoperto da grande che la schiuma è un elemento fondamentale, oltre che naturale, della birra artigianale e che nelle degustazioni e i concorsi birrai si giudica una birra anche per la presenza, compattezza e persistenza della schiuma. Che anzi, non ci crederete, ne è il primo parametro di valutazione in assoluto.

Oatmeal Stout

La schiuma, in breve, è genuina ed imprescindibile in una buona birra: è simbolo della qualità delle materie prime utilizzate nel processo produttivo,  funge da “tappo” naturale di protezione contro l’ambiente esterno preservando la birra da un aumento repentino di temperatura, dal rischio di ossidazione della stessa, proteggendone la fragranza e freschezza. Aiuta inoltre a liberare l’anidride carbonica generatasi naturalmente durante la fermentazione primaria e la rifermentazione in bottiglia che altrimenti finirebbe per restare imprigionata nella birra stessa, compromettendone la bevibilità e digeribilità a scapito di tutti voi ubriaconi molesti.

Com’è intuitivo prospettarsi, la schiuma, pur generalmente fondamentale in un contesto di birra artigianale, risulta altresì fortemente legata allo stile di riferimento della birra stessa, alla tecnica di produzione, alle materie prime impiegate (frumento e avena ad esempio, oltre a contribuire alla generale morbidezza della birra influiscono positivamente sulla ritenzione della schiuma) e alla quantità di anidride carbonica in essa disciolta. Se assolutamente essenziale in quantità abbondante in una Weizen, Wheat, Blanche, Belgian Blond, Saison, Pils e chi più ne ha più ne metta, in un paio di casi vige l’eccezione che conferma la regola: la schiuma è molto spesso assente nei Barley wine – veri e propri “vini d’orzo” con gradazione che supera ben oltre i dieci gradi e il carattere complessissimo, normalmente sottoposti ad invecchiamento e da centellinare dinnanzi al caminetto – e, generalmente, nelle birre di stampo inglese, come le classiche Bitter Ale, per le quali la tipica spillatura a pompa direttamente dal cask e l’assenza quasi totale di carbonatazione rendono praticamente “piatta” tutta la famiglia delle Real Ale Anglosassoni.

Anche il Lambic, tradizionale birra belga a fermentazione spontanea praticamente priva di CO2, può ben annoverarsi in questo elenco.

Fermentazione del Lambic in anfore di terracotta presso la Brasserie Cantillòn

Una cattiva spillatura, l’uso di sostanze e saponi particolarmente grassi e una pulizia approssimativa dei bicchieri, invece, sono cause esterne deleterie per la presenza della schiuma stessa. Nel caso, quindi, e con attenzione alle eccezioni, le opzioni sono le seguenti: o il barista, pur se macho, è un incompetente. O uno zozzone. O la birra che state bevendo fa “schifo”.

 

 


Umberto Calabria

Umberto (JJ) Calabria - Jungle Juice Brewing, autistico della birra e ancora "homebrewer" della domenica. "Liutaio" del sabato pomeriggio se ci scappa. Laureato e lavoratore per errore il resto della settimana. Curioso come una scimmia, sempre.

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  1. […] minima tristezza te la crea…). Litri di birra gelata industriale ne ho bevuti tanti anche io, dai fustini scoppiettanti delle incantate feste adolescenziali , alle birre da discount con la borsa termica sul bagnasciuga […]

  2. […] fatevi vedere mentre versate lentamente la birra inclinando il bicchiere per evitarla. La schiuma come già detto è NECESSARIA, NATURALE e GENUINA. Posso pure tollerare i bicchieri di plastica ma relax and slow […]