Impiegati e segretarie romane, scegliete attentamente il posto dove mangiare il panino della pausa pranzo perché al sindaco di Roma non piacciono le pause pranzo, non piacciono i picnic, non gli piace la gente che beve e ride ai piedi delle statue che sorvegliano la nostra capitale. Non seguire il mio consiglio potrebbe costarvi 500 euro!
Non voglio parlarvi del divieto anti-bivacco imposto dal sindaco di Roma, tanto siamo già abituati alle sue stranezze, ma voglio dedicare questa puntata della nostra rubrica di street art ad un artista nato nel 1970 nel Sud Carolina, esattamente a Charleston ma da un po’ di tempo risiede a Los Angels, dove ha trasformato il suo studio in una fabbrica dove si mescola creatività e messaggio sociale con risultati benefici agli occhi e alla mente. Il suo curriculum è lungo e pieno di iniziative, è il sogno di qualsiasi gallerista, qualche critico storcerà il naso alla sola pronuncia del suo nome ma questo è proprio il suo scopo, quello di creare scompiglio attraverso la sua arte.
Signore e signori oggi rendiamo lode e gloria a Shepard Fairey, ovvero OBEY. Proprio non ce la facevo ad aspettare una domenica di più, sentivo un bisogno di parlare di lui, il grande artista americano che dal 1984 non ha mai smesso di dedicarsi alla street art con poster e stencil supermegagalattici sulle pareti dei grattacieli di tutto il mondo.
Per qualcuno è un personaggio un po’ scomodo, sappiamo tutti come OBEY abbia raggiunto il massimo della sua fama, esattamente attraverso il progetto Hope legato alla figura di Barack Obama, quando l’immagine del presidente in rosso e blu sui poster realizzati da OBEY ha fatto il giro del mondo. A noi interessa parlare del suo talento, della sua espressività intrisa nell’uso di colori forti, della sua capacità di penetrare nella quotidianità che si esprime attraverso l’uso di personaggi famosi immortalati su suoi poster: dai rapper Chuck D e Tupac a Noam Chomsky, da Aung San Suu Kyi a Johnny Cash e Jasper Johns.
Esattamente come Blu e Banksy, OBEY è un artista socialmente impegnato e ciò è rivelato dai suoi lavori dove trionfa il messaggio politico e sociale, quindi un uso indiscriminato di personaggi e situazioni di cui conosciamo l’esistenza tramite i giornali, mentre OBEY crea dei veri e propri manifesti che mettono a nudo l’oppressione e il potere spavaldo di cui siamo vittime. Vedi il suo slogan “Make Art Not War” tanto per addentrarci nella materia.
Signore e signori che vi piaccia o no questo è OBEY!
Buona domenica!
Zelda
Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.
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