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Tempo di scelte…e di birra artigianale

Tempo di scelte…e di birra artigianale


Sempre più spesso si sente parlare in Italia di “Birra Artigianale”, “cruda” o “di qualità”. Sempre più manifestazioni, eventi e feste popolari birraie pullulano di assetati visitatori affascinati da un qualcosa in più rispetto alla semplice brama di ubriachezza molesta e l’atmosfera alla “volemose bene” che circondano il tema (… la “gnocca” scordatevela, stiamo parlando di panza e sostanza). Per non parlare di birrerie, brewpubs e beer shops che spuntano e crescono rigogliosi come le più esotiche varietà di luppoli americani o neozelandesi di oltreoceano (per la cronaca, biologicamente, il luppolo, oltre ad essere il fratello morigerato della cannabis, è la pianta che in assoluto cresce più in fretta sulla terra, fino a 10 centimetri al giorno) o dei più e meno improvvisati baroni birra della domenica che si cimentano in funamboliche e attempate “cotte” del fine settimana, se non per deliziare di novità il mondo della birra, quanto meno per mettere da parte una serie illimitata di bottiglie, più e meno bevibili, da poter sfoggiare tra gli amici di turno in qualità di cavie da laboratorio e compiere un passo in più verso il sogno di tutti noi: l’autosufficienza birraia. E pensare che una volta si coltivava l’orto

La birra da sempre è considerata la bevanda popolare alcoolica per eccellenza: di facile approccio, economica, rinfrescante, da bere in abbondanza, in compagnia, a casa ed in pizzeria. Eppur molti di voi credono ancora in quest’inganno, come nella cucina cinese o i ristoranti italiani all’estero. La realtà è che il boom economico, l’industrializzazione e lo sviluppo dei prodotti di massa hanno diffuso un’idea ed una sostanza di birra che è finita per imporsi fino ad i nostri giorni, caratterizzando conseguentemente il generale e diffuso concetto di “birra”chiara,bionda,gelata, che noi tutti conosciamo.

Grazie al cielo, oggigiorno, ancora lì timida ed in un angolo abbiamo anche un’alternativa, che non ci crederete ma è sempre lei, la birra. Una birra “altra”, “artigianale”, “cruda”, “di qualità”, chiamatela come volete. Una birra che rimane fuori dal circuito produttivo generalmente destinato alle grandi masse, prodotta con passione, cura, sacrifici e senza l’uso di succedanei o conservanti da veri e propri artigiani. Una birra sana, nutriente, non filtrata né pastorizzata, ricca di innumerevoli qualità aromatiche e gustative in grado di risvegliare le esperienze sensoriali che la modernità ed i social media stanno sempre più annichilendo. Una birra originale, antica di millenni, di molteplici varietà e tipologie di cui essere assetati ed affascinati nel totale imbarazzo della scelta. Una birra da imparare a conoscere ed apprezzare nella sua complessità ed evoluzione come prodotto vivo, che cresce e si sviluppa nel tempo. Da provare ad abbinare creativamente anche oltre la solita pizza o davanti la solita partita. Da gustare non solo gelida per rinfrescasi dall’arsura del giorno, ma alle giuste temperature per liberarne gli aromi e il gusto. Per dare quella tavolozza in più di colore all’esistenza e non rinchiuderla nei limiti di una solita chiara doppio malto.

La reinassance della birra artigianale, iniziata nel nostro paese se non ieri l’altro ieri, sta attualmente dando i suoi frutti e guidando il fermento popolare di chi rivendica dal basso un’attenzione sempre maggiore per un prodotto stretto tra bionde da pubblicità ed il vino d’autore, parente alcoolico dalla storica tradizione, il fare spocchioso ed accentratore. Oggi la birra artigianale italiana è un prodotto nuovo, di alta qualità, fortemente apprezzato e ricercato all’estero anche in paesi come Belgio, Germania, Inghilterra e Stati Uniti in cui la tradizione brassicola è ben sperimentata e radicata ed alcuni dei nostri birrai, tra i pionieri del movimento italiano appena una decina di anni fa, sono attualmente largamente conosciuti e stimati: Agostino Arioli del Birrificio Italiano (1995), Teo Musso del Birrificio Baladin (1996) e Leonardo di Vincenzo di Birra del Borgo (2005) su tutti.

Un paio almeno sono i perni caratterizzanti lo sviluppo ed il successo della birra artigianale italiana: l’assenza, in primo luogo, di un rigido background tradizionale e culturale che, al di là del grave handicap di non permettere un consumo ed apprezzamento altamente diffuso del prodotto di qualità, ha in realtà concesso ai nostri birrai piena libertà di sperimentare largamente l’utilizzo di materie prime nuove, spezie, frutta e processi produttivi alternativi rispetto agli standard; secondo poi, la possibilità di sfruttare lo straordinario patrimonio enogastronomico che ci caratterizza nel mondo come fonte di ispirazione e abbinamento. La birra alle castagne in tal senso, pur prodotta in molteplici varietà e sfumature differenti, può ben considerarsi il primo stile birraio tipicamente italiano.


Umberto Calabria

Umberto (JJ) Calabria - Jungle Juice Brewing, autistico della birra e ancora "homebrewer" della domenica. "Liutaio" del sabato pomeriggio se ci scappa. Laureato e lavoratore per errore il resto della settimana. Curioso come una scimmia, sempre.

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