“La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi”, lo sa bene Kirsty Mitchell, fanciulla inglese che attraverso il mezzo fotografico è riuscita a creare un mondo di fiabe del tutto personale.
Nata – nel ’76 – e cresciuta nella contea inglese del Kent, più nota come il “Giardino d’Inghilterra”, studia arte e moda e diventa fashion designer praticando questa professione per ben 8 anni.
Parlare di come sia nata, per lei, la passione per la fotografia significa affrontare un argomento piuttosto drammatico. Nel 2008 sua madre muore a causa di un tumore cerebrale, e per Kirsty inizia un periodo difficile dal quale non riesce a uscire nemmeno con l’aiuto di psicofarmaci. È in questo momento che la fotografia entra a far parte della sua vita, essa si è rivelata come l’unico mezzo per poter manifestare ciò che sentiva, ciò che con le parole non riusciva a dire. Ha avvertito un travolgente e improvviso bisogno di registrare tutto ciò che le stava intorno; come dice nelle sue interviste: “È stato come vedere il mondo per la prima volta con occhi nuovi”. Allora comincia con la Street Photography, e sceglie parallelamente di lavorare su sé stessa, scattando una serie di autoritratti.
Sua madre era un’insegnante di Inglese, e l’ha sempre abituata alle fiabe, leggeva per lei ogni sera, alimentando la sua fantasia anche quando era ormai troppo grande. Il suo progetto “Wonderland” è un tributo alla sua memoria; con questo lavoro Kirsty ha scelto di ricreare un mondo fantastico che celebrasse il gusto della bellezza che lei le aveva trasmesso.
Un mondo irreale che ha avuto effetti autentici: “Questo progetto non è stato solo terapeutico per me, ma ha genuinamente cambiato la mia vita, mi ha portate a fare esperienze ‘reali’ di vita che altrimenti non avrei mai potuto provare restando seduta davanti alla TV”.
Ha immaginato una favola carezzevole e surreale, senza ricorrere all’uso di parole.
Un posto per sé, e per gli altri, dove lasciarsi andare. Un posto che concretizzasse i sogni, così da offrire, anche agli osservatori, una nuova strada da percorrere per ritornare alla realtà.
I suoi scatti sono un melting-pot delle sue conoscenze, e il risultato finale è una collezione di foto Fine-Art in cui ogni cosa è stata disegnata e creata, a mano, da lei, spesso con materiali molto semplici. Tutti gli oggetti, le luci e i fumi si trovano realmente in scena, e le sue foto di backstage – puntualmente pubblicate sul suo blog- dimostrano come questa artista, nell’era del digitale, si rifiuti di falsificare lo scatto in postproduzione.
La sua formazione nel fashion design, ha avuto un peso rilevante nel suo lavoro artistico, infatti le sue idee sono spesso una sorta di estensione di sé, frutto della sua passione per la moda ma anche dei suoi studi sul costume di scena teatrale e cinematografico.
Coglie l’occasione per creare ciò che in una normale occasione di lavoro non creerebbe:
“Non importa se gli abiti sono stati incollati insieme e crollano poco dopo lo shooting, questo era il modo giusto per produrre finalmente ciò che il mio cuore desidera, senza alcuna restrizione”.
Ogni scatto racchiude un mondo incantato e un suo protagonista, egregiamente evidenziati dall’indiscutibile abilità tecnica di questa fotografa: le luci sono naturalissime, e le pose, plastiche fino all’inverosimile, sono armonizzate con l’ambiente anche, e soprattutto, nella scelta coloristica della composizione. Una fotografia di moda dalle caratteristiche invidiabili.
Le sue fotografie hanno già fatto il giro del web: il suo progetto conta attualmente più di cinquanta scatti e sono in fase di ultimazione quelli finali, che chiuderanno il progetto dopo un periodo di oltre tre anni, dopo i quali è già prevista una mostra, ma soprattutto un libro, che già in molti aspettano.
Kirsty Mitchell trasforma il sogno in realtà – così da farci perdere nel suo mondo emozionante e delicato, saturo di colori e di oggetti strambi.
Preferisce vivere, come piacerebbe a molti, all’interno della sua fantasia, anziché nella vita reale.
E forse è la via giusta, se è vero che “l’immaginazione è la prima fonte della felicità umana”.
Stefano Gizzi
A volte cerco di ricordare a quando possa risalire il primo fotogramma della mia esistenza, ma non sono mai riuscito a trovare un punto d’inizio. Perché da che ne ho memoria la fotografia ha sempre fatto parte di me.
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