C’è un momento nella vita, un momento preciso in cui finalmente si capisce, un istante di nitida consapevolezza in cui tutto appare così chiaro da stupirci di non essercene mai accorti prima.
Questione di centimetri, di respiri; questione di occhi che decidono di guardare, di vedere.
Succede a tutti prima o poi: è l’esigenza di fare i conti con sè stessi.
Forse perchè davvero a diciotto anni quante cose che non si sanno, forse perchè davvero ora non ci sono più rimorsi, non c’è il fumo e neanche il caffè.
Forse perchè è arrivato il mio turno.
E così ho capito.
Ho capito che, quando cerchi un senso, esistono occhi che un senso lo danno a ogni cosa.
Ho capito che sono le emozioni a guidarci, o che almeno dovrebbe essere così.
Ho capito che non esistono distanze che allontanino nè dighe che tengano, che il bene non conosce misure nè limiti.
Ho capito che le bacchette magiche non si trovano per caso, che “puff” è solo una stupida formula per chi si illude di poter dimenticare.
Ho capito che i castelli di carta, per quanto legno tu ci metta, sono destinati a crollare.
Ho capito che quando succede smetti di respirare.
Ho capito che non si dovrebbe mai permettere a nessuno di calpestarci il cuore, che mi sono lasciata tutto alle spalle con una facilità imbarazzante, a dir poco disarmante.
Ho capito che la paura è la più grande risorsa che abbiamo.
Ho capito che ci sono delle cose, nella vita, che dovremmo sempre tenere a mente, piccoli promemoria personali per ricordarci chi siamo, o chi vorremmo essere.
Ho capito che non bisogna ostinarsi a far parte della vita di qualcuno che è distante anni luce, altra galassia, altro universo.
Ho capito che la giustizia non è una cosa che appartiene a questo mondo: non è che ognuno ha sempre quello che merita; a volte si vince, a volte si perde.
Ho capito che la storia del “se vuoi una cosa vai e te la prendi” è una grande bugia: ci sono cose che non si possono prendere e altre che, invece, non vogliono farsi prendere.
E io non riporterò indietro il tempo, non farò finta di niente, non continuerò.
Questione di centimetri, di respiri; questione di occhi che decidono di guardare, di vedere.
Succede a tutti prima o poi: è l’esigenza di fare i conti con sè stessi.
Forse perchè davvero a diciotto anni quante cose che non si sanno, forse perchè davvero ora non ci sono più rimorsi, non c’è il fumo e neanche il caffè.
Forse perchè è arrivato il mio turno.
E così ho capito.
Ho capito che, quando cerchi un senso, esistono occhi che un senso lo danno a ogni cosa.
Ho capito che sono le emozioni a guidarci, o che almeno dovrebbe essere così.
Ho capito che non esistono distanze che allontanino nè dighe che tengano, che il bene non conosce misure nè limiti.
Ho capito che le bacchette magiche non si trovano per caso, che “puff” è solo una stupida formula per chi si illude di poter dimenticare.
Ho capito che i castelli di carta, per quanto legno tu ci metta, sono destinati a crollare.
Ho capito che quando succede smetti di respirare.
Ho capito che non si dovrebbe mai permettere a nessuno di calpestarci il cuore, che mi sono lasciata tutto alle spalle con una facilità imbarazzante, a dir poco disarmante.
Ho capito che la paura è la più grande risorsa che abbiamo.
Ho capito che ci sono delle cose, nella vita, che dovremmo sempre tenere a mente, piccoli promemoria personali per ricordarci chi siamo, o chi vorremmo essere.
Ho capito che non bisogna ostinarsi a far parte della vita di qualcuno che è distante anni luce, altra galassia, altro universo.
Ho capito che la giustizia non è una cosa che appartiene a questo mondo: non è che ognuno ha sempre quello che merita; a volte si vince, a volte si perde.
Ho capito che la storia del “se vuoi una cosa vai e te la prendi” è una grande bugia: ci sono cose che non si possono prendere e altre che, invece, non vogliono farsi prendere.
E io non riporterò indietro il tempo, non farò finta di niente, non continuerò.
Alice Innocenti
Alice Innocenti, ventun anni, amante delle parole. Di ogni tipo di parola. "Nella vita vera non posso cancellare, tornare indietro, ripensare a quello che ho detto, correggerlo. Allora scrivo. Per prendermi la rivincita sulle parole. Per raccontare come sarebbe andata se avessi scelto quelle giuste".
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