Se non avessi saputo per altri motivi, che si trattava di un gruppo italiano, avrei giurato di aver a che fare con un gruppo tipicamente nord europeo. Alessandro e Michele, in arte M+A sono due ragazzi appena ventenni al debutto con un’etichetta discografica come la MONOTREME RECORDS.
Il loro disco si intitola THINGS YES.
Li abbiamo intervistati per voi.
Come è nato il vostro gruppo?
M: Vorrei darti una storia lineare ma ogni tanto non riesco a fare a meno di evitare l’autobiografismo. Ora ci provo. Alessandro e Michele si sono conosciuti perché entrambi frequentavano il magma delle band forlivesi. Uno dei due ha contattato l’altro e possiamo dire che la prima prova in saletta abbia sancito l’inizio del primo album. Alcuni dicono che si siano ritirati in montagna, altri pensano che siano ancora nei loro reclusori a progettare album che alla fine non gli piacciono.
A: ci siamo conosciuti nell’estate 2009 e abbiamo iniziato a suonare insieme dall’inverno dello stesso anno. Prima di M+A avevamo entrambi altri gruppi. È stato un po’ come un colpo di fulmine. Ci siamo sentiti, ci siamo piaciuti, e abbiamo iniziato subito a trovarci per buttare giù qualcosa. Inaspettatamente tutto si è mosso a grande velocità. Abbiamo cominciato mandandoci mail con le nostre canzoni, io spedivo un pezzo a Michele e lui ci aggiungeva altro materiale e viceversa, componendo così i pezzi quasi su internet. Poi, quando ci siamo accorti che il materiale iniziava a diventare considerevole, abbiamo deciso di registrare tutto per i fatti nostri nella mia soffitta. Nel giro di due mesi avevamo già abbastanza brani per un album e da lì abbiamo alternato le registrazioni ai live in giro per l’Italia. Tutto questo l’abbiamo fatto cercando di evitare la forma del gruppo, stando ognuno sulla propria linea, rimanendo paralleli ma imparando a trovare punti di contatto.
Personalmente non saprei definire il vostro genere musicale. Ma più che altro mi chiedo quali siano le vostre influenze
A: È un po dura rispondere a questa domanda. Le nostre canzoni sono sempre un minestrone di influenze. E c’è di mezzo anche il fatto che molti pezzi presenti nell’album sono stati composti a distanza di anni. Per esempio (we) è stato uno dei nostri primi pezzi ed è stato composto quasi 2 anni fa. Quindi alcune canzoni portano in grembo influenze di periodi passati. In più siamo anche 2 persone che cambiano ascolti continuamente.
Non siamo fanateci di liste di nomi ne tanto meno siamo come quei “collezionisti” che non si fanno scappare un’uscita. Abbiamo uno strano rapporto con la musica che ascoltiamo, non riusciamo a farne a meno, ne ascoltiamo tantissima ma allo stesso tempo, la trattiamo come un semplice dato. Saltiamo da un genere ad un altro senza nessuna etica, ma solo perché ci viene spontaneo. Non riusciamo a stare fermi su un unico genere e così poi finisce che ogni pezzo diventa una macedonia con tante piccole influenze. Quando ‘Things.yes’ è stato composto (più di un anno fa) ascoltavamo da Jamiroquai a Chet Baker, da Snoop dogg e M.I.A a Bohren & Der Club Of Gore, da TBA a Sakamoto.
Ma chiaramente ci sono anche tutti quei gruppi con i quali siamo cresciuti che da sempre influenzano i nostri lavori. E cosi visto che la gente è così amante dei nomi te ne accenno un paio: Phoenix, Air, Sparklehorse, Kings of convenience, sufjan stevens, telepopmusic.
Insomma l’abc. niente di nuovo sotto al sole
M: Ascoltiamo molta musica ma ultimamente non abbiamo gruppi abitudinari. Sicuramente teniamo sott’occhio i fermenti della dub inglese, ma te lo sto dicendo solo perché devo scrivere qualcosa e questa è la prima cosa che mi è venuta in mente. Se vogliamo parlare di influenze non possiamo fermarci alla musica. E’ mania di molti recensori quella di condensare tutto sotto l’egida musicale. Il debito che abbiamo nei confronti di ciò che facciamo è sì musicale, ma non solo. Rispondere alla domanda, in questo caso, è togliere i riferimenti al monopolio della musica. Questa monomania in realtà è estranea a qualsiasi musicista, e a qualsiasi persona. Giusto per farti un esempio che può riguardare la voce. Sì, ho un debito verso molti cantanti, ma le deformazioni linguistiche dei nostri testi hanno un debito più dirompente nei confronti del Grammelot di Hynkel o di Dario Fò, piuttosto che dello Scat.
In che modo arrivate alla composizione finale di un brano e quali momenti attraversano il processo creativo?
A: Come detto prima, molti dei nostri pezzi sono composti quasi su internet. Io spedisco un pezzo a Michele e lui ci aggiunge altro materiale e viceversa. Questa cosa ci ha sempre agevolato molto nei tempi, quindi anche ora, pur vivendo io a Londra e Michele a Bologna, riusciamo comunque a suonare e a portare avanti le canzoni senza problemi.
Non c’è nessun momento o precesso creativo comune. Ognuno compone per i fatti suoi e poi ci si scambia il materiale. Molte volte capita che un intero pezzo è realizzato da me e un altro da Michele. Questo è possibile solo perchè c’è una totale sintonia tra i nostri “gusti estetici” e se vogliamo quindi anche musicali. E come se il progetto M+A fosse composto da 2 solisti che però viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda. Parallelamente ma sempre assieme. E così, pur lavorando spesso separatamente riusciamo ad intuirci al volo. E’ semplicemente questione di occhiolini.
M: Sì, diciamo che non siamo amanti (e non crediamo) nei cosidetti momenti catartici. Non ci viviamo la musica come se fosse qualcosa di incredibile, di poetico, e cosi via. Per noi è più un lavoro artiginale. Suoniamo e strimpelliamo strumenti da quando avevamo 10 anni. Avendo entrambi genitori che suonavano siamo cresciuti con chitarre, batterie, contrabassi, flauti, trobe sempre attorno e questo ci ha permesso di familiarizzare con un po’ tutti gli strumenti. Proprio per questo motivo non c’è mai stato un giorno esatto in cui mi sono detto “ok da oggi incomincio con musica”, c’è sempre stata e faccio fatica ad immaginarmi senza di essa. Ci sono cresciuto assieme e per questo ormai non ci vedo nessun lato artistico o poetico in essa.
Quali sono gli strumenti che utilizzate?
M: Per fare il disco abbiamo usato un sacco di strumenti che poi sono stati inseriti nell’album anche per pochi secondi, e che quindi sarebbe difficile elencare. Dalle batterie al pianoforte, che in alcune occasioni era il pianoforte a muro che ho in sala mentre in altre quello che Ale tiene in camera. In ogni caso ci sono tornati molto utili apparecchi come il Roldand sp404, il line6 dl4, e il Tenori-on che ha caratterizzato quasi tutto il suono saltellante dell’album. Poi, per fare un po’ di ‘name dropping’, è stato molto utile anche un bellissimo Harmonium indiano, soprattutto per estendere il suono: è molto presente in Liko Lene Lisa e Yes.Pop, per intenderci. Sta di fatto che, comunque sia, restiamo grandi assertori di un certo lavoro di artigianeria: montavamo quasi tutto a mano fin dal primo album, e continuiamo a farlo anche ora.
Cosa fate quando non vi dedicate alla musica?
M: Abbiamo progetti paralleli perché non viviamo solo di m+a, fortunatamente, e ti dirò che prima o poi anche questo progetto verrà accantonato per dare spazio ad altre cose, magari sempre gestite da me e Alessandro, ma nuove. Bisogna avere il coraggio di fare terminare le cose, prima o poi, che se no diventano una lagna. Alessandro è molto legato anche al mondo della grafica e dell’illustrazione per l’infanzia, si sta muovendo molto in quel campo e sta avendo risultati parecchio positivi. Ha pure in mente di mettere su una linea di vestiti, slegati dalla’ idea “magliette del gruppo” ma vicine all’idea, molto più interessante, “magliette che fa il gruppo”. Questa estate ha passato ore ed ore assieme ad una sua amica con forbici e macchina da cucire per assemblare le nostre nuove magliette. Tutto questo atteggiamento ha influenzato il merchandise del gruppo in cui la “firma” M+A viene abolita. Fondamentalmente, dal momento stesso in cui pensi ad una maglia bella, la indirizzi verso un mercato che viaggia a prescindere dal gruppo, uno dovrebbe sentirsi libero di comprare una maglietta bella anche se la musica del gruppo fa schifo e viceversa. Personalmente mi ha sempre dato fastidio portare magliette di un gruppo, nonostante ne abbia mille. Non ci sono mai riuscito, sembra che tu debba dimostrare un’appartenenza a qualcosa e mi sa un po’ troppo patriottistico.
Insomma, ci sono parecchi progetti paralleli che partono da noi due ma vorremmo che ogni ramo potesse continuare a vivere anche distaccato dagli altri.
Come si arriva ad un etichetta cosi importante come la monotreme? E che consigli daresti ai giovani artisti che vogliono arrivare ad incidere i loro brani con etichette importanti
A: dir la verità è nata in maniera molto semplice. Nella nostra vita, come band, non abbiamo mai dato troppo tempo alla “promozione”, ma dopo aver registrato gli ultimi pezzi abbiamo deciso di prenderci un pomeriggio per inviare qualche email a quelle lable per cui avevamo un debole. Quel giorno mandammo parecchie email e mi ricordo che Monotreme fu una delle prime che ci rispose (quasi all’istante). Ci stupì molto la tempestività. Nel giro di poco, ci propose subito se volevamo realizzare l’album con lei e così iniziammo a scambiarci informazioni, fino ad arrivare poi al contratto. La cosa è ancora molto fresca, con il tempo si vedrà, ma per ora ci troviamo davvero bene. #cuore#
M: Consigli? Ahahah dai su, nessun consiglio. Sembra che siamo arrivati chissà dove o siamo chissà chi. Questo è solo il punto di partenza, incomincia tutto adesso.
Qualche info particolare e qualche chicca sul nuovo disco
Diciamo che essendo things.yes stato composto più di anno fa, i pezzi alle nostre orecchie risultano già parecchio vecchi. Infatti abbiamo gia un sacco di pezzi nuovi molto più aggiornati con in nostri gusti estetici del momento. Abbiamo cosi tanto materiale pronto che potremmo già far uscire un altro album.
Ad ogni modo, a breve uscirà un Ep un po diverso dal disco, solo pianoforte e voce (contenente anche la cover di ‘Paper Planes’ di M.I.A) e anche un paio di remix che abbiamo fatto per alcuni gruppi.
Progetti per il futuro?
A: Come già detto in altre interviste, ci piacerebbe diventare dei papponi con mille donnine che ci girano attorno. Chi vogliamo prendere in giro ‘Things.yes’ è un prodotto nato solo per rimorchiare. Cuoricini ovunque… e la gente continua a non prenderci sul serio quando lo diciamo.
M: In generale entrambi abbiamo un sacco di progetti paralleli su cui possiamo sempre convogliare le nostre energie. Cerchiamo sempre di evitare un certo tipo di monopolio della musica, certe gerarchie solide e totalizzanti che a lungo andare danno la nausea.
Ringraziamo Alessandro e Michele per la loro disponibilità.
Ho acquistato quì ( http://monotremerecords.limitedpressing.com/bands/m-a) il loro vinile e spero che mi arrivi presto :)
Alessandro Rossi
Alessandro Rossi, fondatore di organiconcrete e pseudo studente di Ingegneria Edile-Architettura presso "La Sapienza" di Roma. Ossessionato dai buchi temporali, dall'eta adolescenziale, dal trascorrere del tempo, dai rapporti umani e dall'arte. Irrimediabilmente fesso.
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